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Channel: Commenti a: UN ANGELO CLANDESTINO
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Di: simona lo iacono

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Mia carissima Tea,
hai colto perfettamente lo spirito delle parole di Salvatore Satta.
Nel consegnare un atto (così come una vita) all’uomo di legge, mettiamo nelle sue mani il nostro spirito.
La nostra storia.
E questo è un atto certamente antecedente la normazione.
La regola, poi, si fa pietoso tramite di questo passaggio.
Ma nello scambio tra uomo che dice (il teste, l’imputato, la parte) e uomo che ascolta e trascrive (il notaio, il giudice,il pubblico ufficiale) ciò che balza, repentina, dolentissima, commossa, è la traccia del suo mistero.
Ti faccio un esempio.
Una volta, durante un processo, dovevo raccogliere la testimonianza di una vecchietta in fin di vita, residente a Pachino.
Poichè stava molto male, il tribunale aveva concesso un incidente probatorio (ossia un anticipo della sua deposizione, poichè attendere i tempi dell’istruttoria ordinaria voleva dire rischiare che – nel frattempo – venisse a mancare).
Inoltre, invece di ascoltarla in tribunale mi recai personalmente a Pachino, perchè le sue condizioni di salute non le consentivano un viaggio.
Arrivai nella sua casa con i cancellieri e gli avvocati al seguito, e fui accolta da un odore buono di pasta frolla e forno.
La figlia, che la assisteva, mi disse che la madre, dal letto, aveva molto insistito che fossimo accolti tutti come ad una festa.
Trovammo crostate e caffè, cannoli di ricotta, scorze d’arancia imbevute di cioccolato e morbidissimi geli di mandorla.
Io mi avvicinai al letto della signora e quella mi prese la mano come si fa con una figlia.
Sussurrai: “Signora, grazie. Perchè si è disturbata così?”
Lei mi rispose: “Perchè le devo dire una parola”.
Io chiesi:”Che parola?”
E lei rispose :”Questa”. E si fece un gesto di croce.
Non ci fu verso di strapparle altro dalla bocca.
Ad ogni domanda dell’istruttoria fissava il vuoto. Mi stringeva la mano. Sospirava. Poi si segnava con quel gesto di croce.
E’ stata la testimonianza più bella che abbia mai raccolto.
Con quell’unico segno della mano, la signora mi consegnava tutta la sua amarezza su un’antichissima faida tra fratelli, molti dei quali già morti, i cui figli si accanivano sull’eredità giacente. E con quella festa mi suggeriva un ultimo gesto di riconciliazione.
L’avvocato della controparte s’indispettì e sollevò un’eccezione: “Ma giudice, la teste è reticente! Ricordiamole il giuramento! Ammoniamola a dire la verità”.
“Ma avvocato, risposi, sta già dicendo la verità”.


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