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Channel: Commenti a: UN ANGELO CLANDESTINO
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Di: simona lo iacono

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Cara Tea,
che spunto meraviglioso!
Il ruolo del silenzio, in un processo. I limiti tra diritto e vita. O gli ostacoli tra diritto e vita ( e quindi memoria, parola, racconto).
E’ una verità che sfugge persino a noi stessi su noi stessi.
E che nel processo come nel romanzo esige la collaborazione di “un narratore”…
Diceva Salvatore Satta:
“Per conoscersi bisogna svolgere la propria vita fino in fondo, fino al momento in cui si cala nella fossa. E anche allora bisogna che ci sia uno che ti raccolga, ti resusciti, ti racconti a te stesso e agli altri come in un giudizio finale”. (p. 291 , Salvatore Satta, Il giorno del giudizio, Adelphi, Milano, 1979).
Ecco.
Le variazioni della parola e delle pause. L’interpretazione dei gesti. Dei momenti. L’evocazione di un silenzio che in Sicilia è gravido di mille altri significati, di no detti su sì, di minacce velate da sorrisi, di virtù che mascherano malizie, di doni che sono ruberie. Questa è la materia della letteratura: la vita che inganna. O la vita che rivela.
Il processo racconta i fatti.
Il romanzo racconta l’uomo.
Ne deriva anche che il giudice non esprime mai un giudizio sull’uomo, solo sull’azione che compie.


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